lunedì 29 dicembre 2008

Giawhar as.Siqilli, grande generale, shiita e siciliano



Giawhar as-Siqilli, grande generale, shiita e siciliano.
Egypt Air ha annunciato di voler stabilire un collegamento aereo tra Il Cairo e Catania, in seguito anche ai recenti accordi culturali tra le due nazioni ed alla inaugurazione nella capitale egiziana di una strada ed un parco intitolati alla Sicilia. I legami tra l'Egitto e la Sicilia vanno indietro di millenni, sin da quando l'impero Siracusano di Dionigi si estendeva su di un'ampia parte del Mediterraneo sino all'alto Adriatico. Dalla gigantesca nave costruita da Archimede e da Ierone donata a Tolomeo d'Egitto, una delle meraviglie tecnologiche della storia della civiltá umana, alla legenda del cuoco catanese di Cleopatra, sino alla fondazione del Cairo da parte dell'ammiraglio siciliano Giawhar El Siqilli . Un grazie da parte di tutti i duosiciliani a tutti coloro i quali sono stati capaci di ravvivare, in ambito sia politico che culturale, questi legami storici tra due delle nazioni e delle civiltá piú antiche del Mediterraneo dopo un lungo periodo di forzato isolamento reciproco.Vogliamo riprendere il tema del legame tra la Sicilia e l'Egitto ricordando le gesta del valoroso Giawhar El Siqilli. Vi riproponiamo un articolo comparso su “L’Isola”, una pubblicazione dell’Associazione L’Altra Sicilia, per ricordarvi come la forza dei duosiciliani non si misura in voti, ma nella capacitá di fornire quell'avanguardia morale di riscoperta e di risveglio delle coscienze dei Siciliani al di lá ed al di qua del faro sulla cui base si costruirá la nostra libertá.




Giawhar El-Siqilli (Sicilia, 911 - Il Cairo, 28 gennaio 992) fu un generale siciliano del Califfato Fatimide. Egli conquistò tutto il nord Africa, l'Egitto e la Siria. Fondò la stessa città di al-Qahirah (Il Cairo) e la grande moschea di al-Azhar, che è anche una delle più antiche università del mondo. Il suo nome completo era Abu al-Hasan Giawhar ibn Abdullah. Non conosciamo niente dei suoi antenati a parte il nome del padre, Abdullah. La ragione di ciò è che Giawhar faceva parte di un gruppo di Mawâli siciliani, ovvero cristiani bizantini convertiti all’Islam per i quali non si usava conservare tracce delle loro origini pre-islamiche. Nel 953, Giawhar viene nominato segretario dell’Emiro al-Mu'izz. Giawhar alla testa dell'esercito fatimide conquistò M'Sila. Tentò poi di penetrare nel Maghreb occidentale. Nel 959 venne nominato visir e comandante in capo dell'esercito. Nello stesso anno intraprese con successo la conquista di numerose province del Maghreb. Stabilì qui la sua residenza da cui governò negli anni successivi. Nel mese di febbraio del 969 Giawhar, che è ormai considerato insostituibile dall'emiro al-Mu'izz, venne incaricato di conquistare l'Egitto. In poco tempo si impossessò della città di Alessandria senza grandi problemi e si diresse verso la città di Al-Fustat che immediatamente si arrese. Immediatamente dopo la vittoria divenne governatore dell'Egitto e si distinse evitando che i propri soldati si dedicassero al saccheggio dando loro grandi ricompense ed onori. Il suo governo fu tollerante, benevolo e positivo. Il giorno stesso della conquista, 6 giugno 969, Giawhar tracciò il progetto di una nuova città e procedette alla fondazione, su un terreno di 136 ha, di al-Qâhirah (l’attuale città del Cairo) e alla costruzione del suo castello (Qasr). Nel 970 iniziò l'edificazione della moschea al-Azhar, centro della propaganda sciita in Egitto. La moschea fu inaugurata due anni dopo. I contingenti dell'esercito furono disposti per accantonamenti, che si trasformarono rapidamente in quartieri. Giawhar fece anche costruire un palazzo per accogliere il califfo. Il 22 giugno del 972 la moschea fu aperta al culto e il 10 giugno 973 tutto era pronto per accogliere il califfo Al-Muizz li-Dîn Allah, che vi trasferì la sua capitale. Nell'anno 970 inviò i suoi uomini alla conquista della Siria, compito che viene portato a termine con successo. Nel 972 i Siriani contrattaccarono, ma Giawhar riuscì a batterli. In tal modo la Siria fu riconquistata in via definitiva. Morì il 28 gennaio 992 a più di 80 anni d’età. Sul lato nord dell'università di al-Azhar può essere visitata quella che viene considerata la sua tomba (anche se la questione è controversa).

venerdì 26 dicembre 2008

Dov'è finito il nostro sangue?



Dov’è finito il nostro sangue?

“Il popolo non ha lavoro, pane, speranza. Nella città di Napoli si assiste giornalmente ad uno spettacolo desolante. Vi giungono carovane di contadini delle Calabrie, della Basilicata, del Cilento che vengono ad imbarcarsi per emigrare. Sono pallidi, disfatti, con l’aspetto della miseria più crudele. Già moltissimi operai, cacciati dagli arsenali e dai cantieri, sono partiti per l’Egitto ove sperano di procurarsi un lavoro e del pane lavorando per la Compagnia dell’istmo di Suez. Dalla Sicilia l’emigrazione per Tunisi, Tripoli e Algeri è all’ordine del giorno. Un gran numero degli abitanti delle province continentali cerca, nel porto di Genova, l’occasione per imbarcarsi verso l’America meridionale. Alcuni, crudelmente delusi, giocoforza si arruolano. Gli abitanti dell’isola di Ustica, in Sicilia, del resto già piuttosto spopolata, stanno per emigrare quasi tutti a Buenos Ayres. Com’è possibile, dunque, che gli abitanti delle Due Sicilie, i meno inclini a lasciare la propria terra, siano ora presi da questo furore dell’emigrazione? Le imposte esose, la mancanza di commerci e di lavoro, il dispotismo del governo, la legge Pica, la legge Crispi ne sono senz’altro le cause”. (P.Calà Ulloa, Lettres d’un Ministre emigrè, Lettera XLIII del novembre 1866, tratta da “I lager dei savoia", di Fulvio Izzo, Ed. Controcorrente).
Nel mio recentissimo Pellegrinaggio alla Mecca, grazie a Dio felicemente portato a termine, ho avuto la ventura di incontrare il giovane ritratto con me nella foto, inglese di origine irakena, che era nel mio stesso gruppo di pellegrini partiti da Londra. Egli, sentendomi dire che ero “siciliano”, mi ha confidato d’essere anch’egli di origine siciliana da parte di madre. Infatti mi ha raccontato di un suo bis-bis-bis nonno materno che, più o meno ai tempi descritti dalla lettera di Calà Ulloa, aveva lasciato la Sicilia verso i paesi arabi. La sua discendenza era poi passata in Turchia e di qui, seguendo i destini delle varie generazioni, in Iraq, per poi finire, attraverso le sofferenze di questo popolo, tanto simile a quelle dei nostri avi duosiciliani, in Inghilterra. Grande è stato l’affetto che si è creato fra noi, l'affetto dovuto al fatto d'avere lo stesso sangue (duosiciliano) e la stessa fede (l'Islam). Sicuramente Dio avrà voluto darci un segno facendoci compiere insieme il pellegrinaggio alla sua Santa Casa.